La nostra storia

LA STORIA DEL MArRC

Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è stato riconosciuto tra gli istituti museali archeologici più prestigiosi d’Italia con l’istituzione delle autonomie operata dalla Riforma del MiBACT del 2014.

Il Palazzo che lo ospita è tra i primi, in Italia, ad essere progettato al fine esclusivo dell’esposizione museale, intitolato a Marcello Piacentini, uno dei massimi esponenti dell’architettura del primo Novecento, che lo concepì in chiave moderna, dopo aver visitato i principali musei d’Europa. Collocato nel cuore della città, il Museo è un elemento importante del paesaggio e della vita dei reggini. Si affaccia, da un lato, sulla centrale Piazza De Nava, dall’altro, sul lungomare “I. Falcomatà”, con la splendida vista sullo Stretto.

Il Museo Archeologico Nazionale nasce dalla fusione del Museo Statale con il Museo Civico di Reggio Calabria, quest’ultimo inaugurato il 18 giugno 1882 per custodire i numerosi reperti archeologici provenienti dal territorio. La sua sede fu inizialmente presso i locali della Biblioteca Comunale, ma con l’aumentare delle collezioni, tra il 1887 e il 1889, fu trasferito in un edificio posto accanto alle terme romane, appena scoperte a quel tempo. Durante il terremoto del 1908, il palazzo del Museo Civico subì ingenti danni, così si accelerò il processo di istituzione di un Museo Nazionale Archeologico, fortemente voluto, tra gli altri, da Paolo Orsi, nominato nel 1907 primo Soprintendente agli Scavi della Calabria. Il 22 maggio 1948 venne stipulata una convenzione tra il Comune di Reggio Calabria e la Direzione Generale dell’Antichità dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione, che prevedeva la cessione in uso a quest’ultimo e l’acquisizione delle collezioni del Museo Civico, che veniva così soppresso.

Aperto parzialmente al pubblico nel 1954 e inaugurato nel 1959, il Museo è stato oggetto, nel corso degli anni, di importanti trasformazioni. Nel 1981, è stata allestita la sezione di archeologia subacquea, per dare un’adeguata visibilità ai Bronzi di Riace, considerati tra i capolavori al mondo più significativi dell’arte greca. Prima dell’ultima riorganizzazione, che ne ha completamente modificato l’assetto interno e il percorso espositivo, al secondo piano era custodita la preziosa raccolta di quadri appartenenti al Museo Civico, che oggi è possibile ammirare nella vicina Pinacoteca Comunale.

Nel novembre 2009, il Museo è stato chiuso per restauro e definitivamente riaperto al pubblico il 30 aprile 2016. L’elemento principale dell’allestimento attuale è il nuovo cortile interno, coperto da un soffitto in vetro trasparente, sostenuto da una struttura tecnologicamente avanzata. Grazie a questa tecnica, l’atrio viene inondato di luce. Il piano interrato di Palazzo Piacentini ospita due ampie sale destinate a esposizioni temporanee; all’interno del lungo corridoio laterale, si trova un lapidario. Il MArRC ha anche un’area archeologica interna: un lembo della grande necropoli ellenistica scoperta durante la costruzione dell’edificio.

La necropoli ellenistica

Durante la costruzione del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, nel 1932, venne alla luce una delle necropoli relative all’abitato della Rhegion di età ellenistica. L’ampio sepolcreto doveva svilupparsi nell’attuale Piazza de Nava ed era in connessione con un’altra area a uso funerario, ubicata nella vicina zona di Santa Lucia, presso Via Veneto. Le tombe scavate, circa 100, afferiscono a più tipologie. Dai semplici ustrina (resti di incenerazione su pira) nelle sepoltura “a cassa” fino a quelle più elaborate come le camere in mattone con volta a botte o con copertura “a libro” a tegole.

La necropoli è datata tra il IV e il II secolo a.C., ma la presenza di materiali più antichi ha fatto ipotizzare che l’area fosse stata utilizzata con la medesima destinazione già a partire dall’età classica. Alcuni reperti delle sepolture sono inseriti nel nuovo percorso espositivo (livello E).

Il lapidario

I reperti che compongono il lapidario provengono da un nucleo donato dal Museo Civico di Reggio Calabria, arricchito successivamente dai rinvenimenti delle numerose indagini archeologiche condotte sul territorio. La sezione, collocata al livello E, espone al suo interno iscrizioni monumentali, basi marmoree e numerosi apparati architettonici e decorativi di varia cronologia, capitelli, fusti di colonne pertinenti a diversi edifici delle città greche e romane della Calabria.

I depositi

Gli ambienti di deposito sono allocati nel piano seminterrato e custodiscono i materiali delle vecchie collezioni civiche, quelli provenienti dalle indagini archeologiche sul territorio regionale e da rinvenimenti fortuiti, suddivisi per provenienza geografica e per contesti, con una ripartizione successiva in relazione alle annate di scavo.

Il laboratorio fotografico

Situato all’ultimo piano della struttura museale, il laboratorio fotografico è dotato di apparecchiature all’avanguardia per la documentazione e la riproduzione fotografica dei reperti. La registrazione delle immagini degli oggetti è necessaria, oltre che alla inventariazione, alla documentazione e monitoraggio dello stato di conservazione. Il laboratorio è anche sede dell’archivio fotografico del Museo e custodisce, attraverso le immagini, la memoria dei singoli manufatti e dei contesti.

I protagonisti

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    Monsignor Antonio Maria de Lorenzo

    Monsignor Antonio Maria de Lorenzo (1835-1904), pioniere della ricerca archeologica a Reggio Calabria, fu tra i promotori dell’istituzione del Museo Civico, di cui fu il vice direttore al momento dell’apertura avvenuta nel 1882. A partire dallo stesso anno condusse scavi archeologici sistematici nell’area cittadina e contribuì alla pubblicazione di tutti i dati raccolti nel corso delle sue indagini. La sua opera di ricerca, di fondamentale importanza per le conoscenze acquisite sull’area urbana, fu alla base della realizzazione di una prima carta archeologica della città dello stretto, documento redatto nel 1893. Divenuto arcivescovo di Mileto nel 1889, concluse la sua opera nella città di Roma con il titolo di di arcivescovo di Seleucia e Consulente della Congregazione delle Indulgenze e delle sacre reliquie.

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    Paolo Orsi

    Paolo Orsi, nato il 17 ottobre 1859 a Rovereto (TN), nel 1888 diventa Ispettore degli scavi, musei e gallerie a Siracusa, incarico che gli permette di occuparsi delle colonie greche di Sicilia. In parallelo, è artefice dell’avvio della grande stagione di scoperte a Locri, assume inoltre la carica di Direttore del museo di Siracusa e diviene reggente del Reale Museo di Napoli.
    Maturate le conoscenze del territorio calabrese e compresa la necessità di interventi di tutela, chiede al Ministero l’istituzione di un Museo a Reggio Calabria e di un’autonoma Direzione di scavi in Calabria di cui diventa Soprintendente dopo pochi anni. Tra le numerose ricerche sul campo da lui condotte si ricordano quelle a Locri, presso il santuario della Mannella e il tempio di Casa Marafioti, a Canale e Janchina e all’Heraion di Capo Colonna. Insieme a Umberto Zanotti Bianco partecipa alle attività della “Società Magna Grecia”; promuove inoltre la fondazione dell’«Archivio storico per la Calabria e la Lucania». Nell’autunno del 1934 Orsi fa ritorno a Rovereto dove muore nell’anno successivo.

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    Edoardo Galli

    Edoardo Galli nasce a Maierà (CS) il 3 maggio 1880. Compiuti gli studi a Roma diventa Vice Segretario e Ispettore del Reale Museo del Bargello di Firenze nel 1907, passa al Museo Topografico dell’Etruria di cui assume la carica di direttore. Nel corso del 1924 gli viene affidata la Soprintendenza “unica” alle Antichità e all’Arte Mediavale e Moderna delle Calabrie. Istituita nell’anno successivo la Soprintendenza Bruzio-Lucana ne diventa Soprintendente fino al 1936. Grazie all’intervento della Società Magna Grecia prosegue gli studi del tempio dorico di Metaponto c.d. “Tavole Palatine”e avvia un programma di ricerche nella Piana di Sibari che porta individuazione nel 1932 della colonia di Copia. La sua fervida attività di ricerca si concentra sui siti indigeni Francavilla Marittima, Amendolara, sul teatro di Gioiosa Marina e Crotone arcaica. A Reggio Calabria porta alla luce una necropoli di età ellenistica individuata durante i lavori di sbancamento per la realizzazione del Museo. Ha il merito di aver profuso il suo impegno per l’istituzione del Reale Museo Nazionale e Centrale della Magna Grecia a Reggio Calabria. Nel 1936 viene trasferito ad Ancona in qualità di Soprintedente delle Marche degli Abruzzi e della Dalmazia. Destinato alla Biblioteca dell’Istituto di archeologia e Storia dell’Arte presso Palazzo Venezia si trasferisce a Roma nel 1946. Muore a Roma nel 1954.

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    Paolo Enrico Arias

    Paolo Enrico Arias nasce a Vittoria (RG) il 17 luglio 1907. Compiuti gli studi presso la Scuola Normale di Pisa nel 1934 assume la carica di Ispettore a Ragusa. Diventa Soprintendente in Calabria nel 1939. Le prime attività sul territorio lo vedono attivo a Rosarno e Locri proseguendo gli studi di Orsi. Grazie alla sue conoscenze nell’ambito dell’architettura teatrale individua il teatro di Locri nei pressi del tempio di Casa Marafioti. Nel 1946 viene trasferito a Bologna e si impegna a riattivare l’ufficio dopo il conflitto bellico, due anni dopo è professore incaricato di storia greca e romana presso l’Università di Bologna. Ritorna in Sicilia dove vince il concorso di professore ordinario nell’ateneo di Catania. Nel 1962 assume l’incarico alla Normale di Pisa dove diventa vicedirettoree isituisce la scuola speciale per archeologi. Per i sui meriti scientifici viene nominato membro del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali e membro dell’Accademia dei Lincei. Muore a Pisa nel 1998.

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    Alfonso De Franciscis

    Alfonso De Franciscis nasce a Napoli 7 novembre del 1915. Si laurea presso l’Università “Federico II” e tra il 1939 e il 1940 frequenta la Scuola archeologica italiana di Atene. Nel 1949 diventa ispettore archeologo presso la Soprintendenza alle antichità di Napoli. Nel 1954 viene nominato Soprintendente a Reggio Calabria dove rimane in carica fino al 1961, negli stessi anni riceve l’incarico di Professore di Archeologia e Storia dell’arte presso l’Università di Messina. Durante la sua permanenza in Calabria riorganizza e inaugura l’esposizione del Museo di Reggio conduce scavi a Reggio, Crotone e soprattutto a Locri Epizefiri dove recupera le tavolette bronzee dell’archivio del tempio di Zeus. Nel 1961 diventa Soprintendente alle antichità di Napoli, professore presso l’Università Federico II e Direttore dell’Istituto di Archeologia. Tra le molteplici attività opera la sistemazione della sezione relativa alla Villa dei Papiri, porta alla luce i resti del tempio augusteo a Pozzuoli; ad Ercolano conduce gli scavi del decumano massimo e la realizzazione di un nuovo Antiquarium. A Pompei accanto alle numerose attività di scavo concentra la sua attenzione scientifica sull’ instrumentum domesticum. Fonda e dirige per molti anni le riviste: «Klearchos», «Cronache pompeiane», «Apollo» e «Campania sacra». Muore a Napoli nel 1989.