DODONAIOS. Inaugurazione mostra venerdì 8 marzo, ore 17.30

DODONAIOS. Inaugurazione mostra venerdì 8 marzo, ore 17.30

Il principale evento della Settimana dei Musei, con ingresso gratuito, e dell’intera stagione, al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è l’Inaugurazione della grande Mostra “Dodonaios. L’oracolo di Zeus e la Magna Grecia”, frutto di una importante collaborazione internazionale,in occasione della Giornata internazionale della donna, venerdì 8 marzo, alle ore 17.30, nello spazio di Piazza Paolo Orsi,.

I curatori – il direttore del MArRC Carmelo Malacrino con Konstantinos I. Soueref, direttore del Museo Archeologico di Ioannina (Grecia) e Soprintendente alle Antichità, e i professori Fausto Longo e Luigi Vecchio, del Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli Studi di Salerno – presenteranno il progetto nato in sinergia tra il Museo di Reggio Calabria, il Museo dell’Epiro e l’Ateneo salernitano.

La mostra sarà visitabile al livello E, fino al 9 giugno 2019.

Alla cerimonia inaugurale sarà presente anche il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Salerno, Aurelio Tommasetti.

Nella mostra saranno esposti oggetti di Dodona, sede del famoso oracolo, provenienti dalla collezione del Museo Archeologico di Ioannina, alcuni dei quali non avevano mai varcato prima i confini della Grecia. Tra questi, una selezione delle laminette di piombo incise, in particolare, riferibili alle città magno greche.

Il percorso espositivo propone una lettura delle relazioni tra le regioni sulle due sponde dello Ionio nell’antichità, alla luce delle ricerche più recenti su Dodona, posta nella vallata ai piedi di un’alta montagna, nel cuore dell’Epiro, nella Grecia nord-orientale. La mostra racconta la storia archeologica e letteraria del santuario dedicato a Zeus, di cui scrissero il tragediografo Euripide e lo storiografo Erodoto. L’oracolo era noto in tutte le città della Magna Grecia, tra cui molte in Calabria (Hipponion, Reghion, Kroton, Sybaris, Thourioi, Heraklea, Metapontion, Taras).

Spiega uno dei curatori, l’archeologo Luigi Vecchio: «I pellegrini si recavano al santuario da ogni parte dell’Epiro, della Tessaglia, dell’Attica, della Beozia, del Pelopponeso, della Magna Grecia, per interrogare la divinità per lo più su questioni personali – sul matrimonio, sugli affari, proprio come oggi con gli indovini – in una pratica che durò molti secoli, dal VI al II a. C. almeno. La cosa più caratteristica e suggestiva – continua lo studioso – è la modalità in cui ciò avveniva: in forma scritta, su laminette piccolissime, di pochi centimetri, che entrano sul palmo di una mano, con lettere incise delle dimensioni di pochi millimetri, che venivano piegate o arrotolate e presentate per la domanda». La “clientela” dell’oracolo era di ceto medio-basso, aggiunge Vecchio. «Le sacerdotesse interpretavano le risposte del dio attraverso i suoni, per lo più della natura: il fruscio della grande quercia sacra, il volo delle colombe. Suoni che rimbombavano nel silenzio della vallata». In qualche laminetta la risposta è incisa sul retro. Alcune venivano “riciclate” per porre nuove domande.

L’archeologo Fausto Longo, co-curatore per l’Università degli Studi di Salerno, illustra il progetto, che «nasce da lontano, nel rapporto di collaborazione per le ricerche sul santuario di Dodona tra il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Ateneo salernitano con il Museo di Ioannina e la Soprintendenza dell’Epiro, che aveva prodotto una grande mostra ad Atene, con il titolo appunto “L’oracolo dei suoni”. I colleghi greci si resero disponibili a portare le laminette in mostra per la prima volta in Italia. È stata – afferma lo studioso – un’opportunità importante per approfondire le ricerche sui rapporti tra queste due regioni del Mediterraneo, la Magna Grecia e l’Epiro, che presentano molte similitudini, non soltanto dal punto di vista morfologico e geografico. La storia del santuario riassume queste analogie, che sono state approfondito in una prospettiva interdisciplinare nel corposo catalogo».

Il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino, dichiara: «Le laminette in bronzo riferite alle colonie magnogreche in Calabria, insieme agli altri reperti esposti in questa grande mostra, conducono il visitatore in un affascinante viaggio alla scoperta del legame profondo e antico tra l’Italia e la Grecia, e in particolare tra le regioni che si affacciano sul mar Ionio, che separa ma soprattutto unisce le due sponde». Il direttore Malacrino afferma: «Con questa mostra, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria conferma la sua vocazione di polo culturale nel bacino mediterraneo e di incontro tra popoli che condividono culture e tradizioni. Soprattutto si conferma come laboratorio di ricerca e luogo di sintesi tra studi e attività portati avanti da istituti diversi, sparsi nel mondo».

All’indirizzo web: www.oracledodona.it si trova il supporto multimediale alla visita.